PORTO E PUNTO FRANCO

IL PUNTO FRANCO NUOVO

Per tutti gli abitanti di Trieste i termini Porto e Punto Franco sono sinonimi, tuttavia forse sono necessari alcuni chiarimenti. Il porto è tutta quell’area prospiciente il mare attrezzata per lo svolgimento di attività connesse con la fruizione del mare come mezzo di sviluppo, per cui non farebbe nemmeno male avere anche un porto peschereccio attrezzato in maniera moderna e funzionale, e non solo a fini ricreativi. 
 
 
Il Punto Franco è quella porzione di porto in cui ci sono le infrastrutture destinate alle attività commerciali di scambio di merci a livello internazionale e gode di uno specifico status giuridico, questo significa che una merce fintanto che rimane in quella porzione di territorio comunitario non è soggetta al pagamento di imposte (dazi e IVA), e può essere rispedita all’estero pagando solo gli eventuali diritti di magazzinaggio. Di un anno fa il decreto che stabiliva la possibilità di svolgere attività diverse dalla pura manipolazione delle merci per poterle inoltrare più agevolmente (es. toglierle dai container per caricarle su veicoli più piccoli qualora ci siano molti destinatari), tuttavia non ostante le manifestazioni di interesse queste attività non sono ancora iniziate. Quando finalmente partiranno forse potremmo assistere ad un rilancio industriale della città, un aumento di posti di lavoro che impediscano il calo demografico e l’impoverimento.
Le attività attualmente più sviluppate sono quelle relative alla movimentazione dei container ed il traffico camionistico con la Turchia, per quest’ultimo dovrebbero partire a breve i lavori per attrezzare a scalo per i traghetti una parte della Zona Industriale a ridosso del Canale Navigabile con un migliore accesso alla “grande viabilità” e l’eliminazione di eventuali code sulla stessa o addirittura sul viale Campi Elisi. 
Un altro momento dello sviluppo dello scalo sarà l’entrata in attività della così detta “Piattaforma Logistica” che aumenterebbe sensibilmente lo spazio disponibile per lo stoccaggio, perché oggi i porti non hanno più bisogno di magazzini, in quanto le merci viaggiano in container, ma di superfici dove sistemare gli stessi. A proposito di magazzini l’attività di commercializzazione del caffè non dovrebbe subire grosse influenze stante l’attuale situazione più favorevole per il pagamento dei diritti doganali, salvo il fatto che il consumo dello stesso è in calo, lieve, ma costante, in tutta la penisola, e più generalmente in Europa. 
Quello illustrato è un brevissimo riassunto della situazione attuale, sicuramente incompleto nei particolari, ma come comunisti siamo particolarmente attenti all’evoluzione delle attività connesse al porto, anche se stante l’attuale sistema, in cui sono i privati a “doversi trovare le navi da lavorare” è difficile ipotizzare ulteriori sviluppi di rotte marittime visti i numerosissimi fallimenti avvenuti in passato con armatori improvvisati che usando navi noleggiate, riuscivano completare una decina di viaggi, ma non ad assicurare una effettiva continuità mancando soprattutto da parte della provenienza una continuità produttiva.