È con la proposizione del nemico di comodo: gli immigrati, i russi, i sindacati, i fannulloni del pubblico impiego e via stigmatizzando, che i servi della speculazione finanziaria globalizzata tentano di occultare i colpevoli veri della crisi economica e sociale, che sta distruggendo il sistema democratico nato dalla resistenza popolare agli orrori delle guerre del ‘900.
La democrazia, sempre più solo formale, che caratterizza lo scontro di classe in corso in questi anni, con un particolare vigore a partire dalla crisi iniziata nel 2007-2008, accoglie quasi senza cenno contrario il linguaggio, il pensiero, le direttive culturali e pratiche costruite per distogliere gli sfruttati dalle lotte per ottenere la parte che spetta di dignità, giustizia, equità.
Strumento principale dell’attacco al mondo del lavoro è la teoria neoliberista che mette al centro del mondo i “mercati”, ente supremo di regolazione dei rapporti interpersonali e sociali della vigente formazione economico-sociale del “mondo libero”.
Pochi e sempre più isolati sono i mezzi pratici, e soprattutto culturali, che possono essere usati in questo scontro dalla classe lavoratrice per opporsi vittoriosamente al pensiero unico dominante.
Il libro di Pino Arlacchi “I padroni della finanza mondiale” raccoglie un’ampia serie di dati e di riflessioni, tramite le quali giunge ad indicare il meccanismo di nascita ed affermazione dell’attuale predominio del “pensiero unico” neoliberista.
“A partire dagli anni Settanta del secolo scorso, il capitalismo finanziario e l’ideologia liberista sua associata sono diventati i motori più potenti dell’insicurezza umana. Ciononostante, sono riusciti a farla franca. Il denaro accumulato in poche mani non viene ritenuto responsabile della sempre più intollerabile disuguaglianza sociale. (…) Il pericolo costituito dalla finanza fuori controllo non suscita lo stesso allarme che viene sollevato dalla minaccia nucleare o da quella ambientale”.
Con numerose e approfondite analisi documentarie Arlacchi, che ha ricoperto diversi prestigiosi incarichi a livello internazionale nel campo della sicurezza e della lotta alla criminalità organizzata, descrive i meccanismi tramite i quali il mondo è passato dalla ricchezza derivante dalla produzione di oggetti e servizi a quella prodotta dai giochi finanziari con relativi incrementi di comportamenti criminali, spesso situati in ambiti non perseguiti da opportune norme penali.
L’analisi è centrata sull’evoluzione del modello statunitense di dominio postbellico, partendo dagli accordi di Bretton Woods sulla convertibilità del dollaro, per giungere all’attuale modello, iniziato con Ronald Reagan, in cui: ”Dopo i difficili anni Settanta, l’amministrazione Reagan iniziò la trasformazione della protezione legittima (della sicurezza degli stati alleati (ndr)) in una tipica estorsione mafiosa, dove chi offre il servizio è anche il soggetto che crea la minaccia”. Trasformazione proseguita e approfondita da tutti i successori di Reagan, per giungere fino a Trump, con i suoi comportamenti e le sue decisioni arroganti innanzitutto con gli alleati NATO.
Ma Arlacchi non si abbandona al pessimismo di chi ritiene inevitabile uno sbocco militare aggressivo dell’attuale accumulo di tensioni internazionali. Nel capitolo conclusivo espone la propria fiducia nella possibilità che l’iniziativa cinese, basata sull’applicazione dei principi della “economia sociale di mercato”, attuata all’interno della Repubblica popolare e proposta come sistema di sviluppo delle relazioni internazionali, possa giungere a sostituire l’egemonia militare ed economica dell’oligarchia finanziaria basata negli USA, che è la causa dell’attuale stagnazione economica mondiale, con il modello cui viene dato il nome di “developmental state” che ha portato, a cominciare dal Giappone del dopoguerra, al miracolo economico dell’Asia orientale. “Il modello si fonda sulla centralità dello Stato come regista a tutto campo dello sviluppo, come attore di prima grandezza dell’economia e come responsabile del mutevole negoziato tra le forze della produzione e le varie componenti sociali”.
Una lettura utile a chi intende agire per uno sviluppo mondiale equo e solidale, pacifico e collaborativo per la crescita non solo dell’economia, ma dei diritti sociali e umani di tutti.
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