La delibera in discussione in Consiglio comunale, relativa all’attuazione di una norma che limita al 30% la percentuale di bambini di cittadinanza non italiana, ammessi in ogni singola classe dei nidi e delle materne comunali,
ha suscitato forti reazioni negative presso associazioni e singoli cittadini, per l’aspetto di provvedimento razzista che connota l’atto, soprattutto a seguito delle reazioni scomposte di alcuni sostenitori della norma in discussione. In aggiunta, nella stessa delibera è prevista l’introduzione della possibilità, nelle strutture dedicate ai bambini di lingua slovena, di assumere insegnanti che lo sloveno non lo sanno.
Questo mentre centinaia di domande rimangono inevase per mancanza di posti sia negli asili nido che nelle materne.
La reazione democratica si è già concretizzata in un presidio convocato dal coordinamento Trieste antifascista e antirazzista, lunedì 19, con la parola d’ordine “dell’apartheid come “praticità” “.
Concordo con gli organizzatori sulla giustezza del presidio, tuttavia credo che i comunisti debbano ricominciare a definire questo e altri provvedimenti della giunta di destra, con gli strumenti del pensiero marxista.
Le forze politiche reazionarie che da anni stanno governando l’Italia, come Trieste, si guardano bene dal provvedere a fare quello che chiedono i cittadini, a cominciare dall’applicazione del dettato costituzionale per quanto riguarda la rimozione degli ostacoli economici e sociali, che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini e la tutela delle minoranze linguistiche. Farlo, richiede un impegno a costruire un percorso di istruzione che parte proprio dal diritto a frequentare strutture educative aperte a tutti i giovani, nei fatti, non solo a parole
Non è semplicemente razzista proporre e approvare provvedimenti come questo; non costruire le strutture per l’educazione e la formazione dei bambini e dei giovani, lasciare andare in malora quanto già esistente, come denunciato dagli studenti delle scuole superiori pochi giorni fa.
È lotta di classe.
Non si vince contro chi discrimina in mille modi, dalla mancanza di posti negli asili fino al licenziamento di lavoratrici schiacciate tra i bisogni familiari e le imposizioni sorde di grandi e piccole aziende, soltanto con l’impegno civile e morale.
Serve un’istruzione che formi il pensiero critico necessario a conoscere i diritti di ciascun cittadino e gli permetta di costruire gli strumenti con cui averli e difenderli.
Serve l’organizzazione della classe lavoratrice. Serve il Partito comunista.
Paolo Iacchia