APARTHEID A SCUOLA A MONFALCONE

La nostra regione, nel 1938, ha purtroppo dovuto assistere all’annuncio delle ignobili leggi razziali del regime fascista.
 
 
Nel 2018, 80 anni dopo, ci tocca di leggere il testo di un protocollo sottoscritto dal Comune di Monfalcone con due istituti comprensivi cittadini che dichiara la finalità di “condividere ed individuare linee guida operative volte a garantire (…) maggiori stabilità e qualità nell’offerta formativa” e che dichiara, come obiettivo n. 1, di voler “incentivare le iscrizioni a Monfalcone in particolare da parte delle famiglie italiofone residenti” e che a tal fine prevede l’istituzione di “classi ponte in cui inserire gli alunni stranieri”, i quali, in ogni caso, non potranno superare il 45% del totale degli alunni di un Istituto o plesso.
Ci tocca quindi di constatare di nuovo che, dalla nostra Regione, parte l’istituzionalizzazione del trattamento differenziato tra alunni “italiofoni” e alunni stranieri, per i quali si prevedono specifiche soglie di “sbarramento”. Il chè vuol dire (e ciò si è puntualmente verificato) che nelle scuole dell’infanzia (cronicamente carenti di posti disponibili in relazione alla domanda) gli esclusi sono risultati proprio i piccoli stranieri. E per la scuola primaria (scuola dell’obbligo) questo protocollo ci sembra metta a rischio l’effettiva fruizione di un diritto (che è anche un obbligo per i genitori) per i bambini stranieri, in particolare di quelli che arrivano a Monfalcone dopo la chiusura delle iscrizioni o in corso di anno scolastico e che hanno pur sempre il diritto di frequentare la scuola.
La C.G.I.L. Scuola ha presentato un esposto alla locale Procura della Repubblica e ci auguriamo che vi sia la volontà di indagare su questo protocollo. Gli Istituti Scolastici e il Comune hanno il potere di sottoscrivere accordi che inevitabilmente invadono la sfera della didattica, non di competenza del Comune? E hanno essi il diritto di discriminare tra “italiofoni” e non “italiofoni”, in palese violazione del principio di uguaglianza e non discriminazione previsto dall’art. 3 della Costituzione? E come può un protocollo prevedere l’istituzione di “classi ponte”, che in realtà non sono altro che “classi ghetto” riservate agli stranieri, ma che non ci risulta siano previste da alcuna norma dell’ordinamento scolastico? Chi ha autorizzato i Dirigenti Scolastici a sottoscrivere un simile documento? Il Collegio Docenti e il Consiglio di Istituto ne hanno mai discusso?
Noi comunisti non possiamo non ribadire che il diritto all’istruzione va garantito a tutti i bambini, senza alcuna distinzione di nazionalità o lingua. Il problema del gap linguistico va risolto con strumenti diversi dalle classi ponte e peraltro l’esclusione dei bimbi stranieri dalle scuole dell’infanzia non fa che aggravare il problema. Si aumentino, casomai, i posti disponibili per tutti i bambini, italiani e stranieri. Ma soprattutto è inaccettabile la pretesa della politica locale di dettare le linee guida al mondo della scuola pretendendo di decidere chi è meritevole e chi no di frequentare questa o quella scuola, adottando criteri segregazionisti e razzisti. Non si può infatti definire diversamente la pretesa di favorire gli “italiofoni”, rischiando di discriminare anche gli stessi cittadini italiani. Molti immigrati hanno ormai acquisito la cittadinanza italiana ed anche i cittadini di madrelingua slovena (pochi, ma ci sono anche a Monfalcone) non possono certo definirsi “italiofoni” . A questi ultimi, in particolare, questo protocollo non può che ricordare gli anni bui del fascismo, quando persino i loro nomi venivano “ridotti in forma italiana”.
 
Ottavio Romano
(Segretario Regionale)