Il “pacchetto famiglia” approvato dalla commissione Bilancio della Camera prevede la possibilità per le donne di rimanere al lavoro fino al nono mese di gravidanza, ovviamente col parere favorevole del medico curante.
A me sembra allucinante che una donna possa essere “invogliata” (e in qualche realtà lavorativa magari anche costretta) a lavorare fino al momento del parto, con tutti i disagi e tutti i rischi che ciò può comportare. Vedremo lavoratrici partorire al supermercato, come nel profetico spot televisivo della CONAD?
Oggi il congedo obbligatorio per maternità va da due mesi prima del parto a tre mesi dopo. Con la modifica proposta, i 5 mesi potrebbero essere spostati tutti a dopo il parto.
Già oggi ci sono lavoratrici che snobbano il periodo di astensione obbligatoria. Abbiamo visto donne politiche, alte dirigenti o imprenditrici andare a lavorare prima del previsto, ma la situazione della commessa, della pulitrice, dell’operaia o dell’impiegata è ben diversa. Deve stare in piedi, chinarsi, far fatica o stare seduta tutto il giorno, col pancione, le gambe gonfie e tutti i disagi ben noti, e, quando torna a casa, non ha maggiordomo e cameriere che si occupino dei lavori domestici.
Stranamente, quando ho esposto le mie perplessità su facebook, chi mi ha dato contro sono state proprio delle donne. Secondo loro, è una grande conquista che sia la donna a poter decidere quando prendere il congedo per maternità, senza rendersi conto che, in alcune realtà lavorative, le donne saranno costrette a lavorare fino all’ultimo, pena ricatti da parte di datori di lavoro o capi poco scrupolosi. E magari, quando vorranno usufruire dei 5 mesi successivi, il “padrone” chiederà loro di andare un momento in ufficio, per mettere a posto qualche carta e quel momento… diventeranno presto otto ore, retribuite dall’INPS.
Già adesso molti lavoratori sono costretti a fare straordinari non retribuiti o pagati in nero. Se l’astensione pre-partum non sarà più obbligatoria, ci potranno essere abusi.
Non dimentichiamo che ci sono lavoratori che non sono autorizzati a lasciare la catena di montaggio nemmeno per andare al bagno. Alcuni sono costretti a lavorare col pannolone.
Chi ha capito le mie posizioni, sono stati uomini – probabilmente politicizzati o sindacalizzati – che le hanno sostenute, senza peraltro smuovere le signore che sono rimaste convinte di trovarsi davanti a una grande conquista per le donne.
Se questi sono i provvedimenti previsti dal governo per favorire la maternità, siamo messi molto male.
Per fortuna non si tratta di una modifica definitiva. Il testo dovrà essere sottoposto all’esame e approvazione delle due Camere, ma intanto ci hanno provato e sicuramente stanno osservando le reazioni. Se saranno abbastanza decise, probabilmente il provvedimento sarà modificato. Altrimenti… buona fortuna.
Liliana Pajola
– dirigente provinciale PCI Trieste –