Saluto ai presenti da parte della compagna Bruna Zorzini – di seguito il suo discorso celebrativo
Nel salutarvi, voglio ringraziare tutti voi che con la vostra presenza avete voluto onorare la memoria del compagno, on. Antonino Cuffaro, un concittadino che ha fatto tanto per questa Trieste.
Tutti voi che siete venuti a rendergli omaggio e le attestazioni di stima di compagni, e non solo, che questa mattina prenderanno la parola in questo Consiglio comunale, testimoniano nei fatti, la riconoscenza ed il rispetto di gran parte della cittadinanza, che negli anni, egli si è meritato.
Abbiamo sentito le parole del sindaco di Trieste: la stessa scelta della sede dove si svolge questa cerimonia prova che la nostra città esprime anche così la sua gratitudine.
Permettetemi, a questo punto – prima di dare avvio agli interventi programmati – di dire anch’io due parole in memoria di Nino:
Caro compagno Cuffaro, caro Nino,
non sai con quanto dolore e tristezza, noi comunisti triestini, ti accompagniamo oggi in questo tuo ultimo viaggio. Siamo orgogliosi e grati che tu abbia fatto parte di noi per un lungo tempo, che tu abbia dato con il tuo lungo operato di Comunista e galantuomo lustro a questa nostra città, dove negli anni cinquanta, sei approdato per amore.
Se penso alla lunga militanza di Nino, ricordi privati e pubblici si rincorrono nella mia mente. Ancora negli anni cinquanta, appunto, incontrando Franca – poi sua moglie e compagna della sua vita – si trasferisce dalla sua Sicilia a Trieste, dove frequenta l’Università ed entra da ingegnere nei cantieri navali. In quell’ambiente non fa mistero della sua fede comunista e si schiera immediatamente a fianco delle lotte dei lavoratori.
Inizia così il lavoro e l’impegno politico di Nino al C.R.D.A dove, presto verrà licenziato a seguito di uno sciopero. La dirigenza dei Cantieri viene condannata per comportamento antisindacale, ma non viene riassunto. Dopo varie peripezie Nino assume una cattedra presso l’Iti Volta, impegnandosi anche in attività professionali.
Il compagno Cuffaro che, iscrittosi giovanissimo al Pci, aveva già tenuto i suoi primi comizi in Sicilia nella campagna elettorale del 1948, nel 1962 diviene consigliere comunale a Trieste dove resta fino al 1972. Nel 1967 diventa segretario della Federazione Autonoma Triestina del Pci, nonché consigliere regionale del Friuli Venezia Giulia. Di quegli anni mi ricordo, come da studentessa delle superiori, fummo condotti ad assistere ad una seduta del Consiglio che allora si svolgevano nel Palazzo municipale a Trieste, così potei seguire un dibattito sulla situazione cantieristica in cui Nino mi colpì per la preparazione e la tenacia con cui interveniva in difesa di un settore così importante dell’economia regionale! Appartenente ad una famiglia comunista, parteggiavo apertamente per lui!
Pochi anni più tardi, da iscritta al Pci, ho memoria di come festeggiammo nella sede di via Capitolina gli ottant’anni di Domenico Cuffaro, il padre di Nino, che era stato uno dei fondatori del Partito comunista d’Italia. Aveva guidato il movimento dei contadini e minatori siciliani ed era stato dirigente della CGIL nella provincia di Agrigento dove più volte era stato minacciato dalla mafia. Dopo un momento conviviale ci furono i discorsi di circostanza e sul palco salirono tutti i componenti della famiglia, il padre e la madre di Nino, Franca e le quattro bambine in scala. Negli ultimi anni Nino, mi ricordava molto suo padre!!
Ma per fare ancora un po’ di storia: nel 1969 il compagno Cuffaro entra nel Comitato centrale del Pci dove resta fino al suo scioglimento. Nel 1972 è segretario regionale del Friuli Venezia Giulia quando si discute anche del problema dei confini con la Jugoslavia che preluderanno alla firma, nel 1975, del trattato di Osimo ed intesse fruttuosi rapporti con gli esponenti dei vertici della vicina Repubblica Federativa. Nel 1976 segue, su incarico di Berlinguer, la ricostruzione post terremoto in Friuli. Sempre nel 1976 viene eletto alla Camera dei Deputati: vi resterà fino al 1987 occupando incarichi di rilievo nelle commissioni trasporti e cultura; presiede in quegli anni il dipartimento ricerca scientifica del Pci. L’Area di ricerca, il Sincrotrone e tutte le istituzioni scientifiche cittadine ebbero a beneficiare degli interventi dell’on Cuffaro a livello parlamentare. Da sempre si adoperò comunque per la rinascita della cantieristica regionale e per lo sviluppo industriale ed economico della nostra città.
Ed ora arriviamo al periodo in cui si giunse al Congresso che sancì lo scioglimento del Pci. Tanti dei presenti ed io stessa, seguimmo Nino nella determinazione di contrastare con tenacia questo proposito e fondammo Rifondazione Comunista. Nel 1993 Antonino Cuffaro è candidato alla segreteria del Partito, viene eletto invece Fausto Bertinotti. Mi assumo la responsabilità di dire che di sicuro il percorso che i Comunisti italiani intrapresero da allora ad oggi sarebbe stato molto meno travagliato e foriero di divisioni come lo è stato, se a guidarli ci fosse stato un compagno dalla coerenza, dirittura morale e capacità di mediazione come il compagno Cuffaro!
Nel 1994 egli viene eletto senatore e diviene coordinatore della segreteria nazionale.
Nel 1998 ci troviamo a fondare il Partito dei Comunisti italiani, in contrasto con la linea di Bertinotti che va dissociandosi dal centrosinistra, preparando il voto contrario al governo Prodi.
Di seguito, il compagno Nino viene nominato sottosegretario alla ricerca scientifica nel governo D’ Alema, incarico che manterrà anche con il successivo governo Amato. Durante l’incarico di governo promuove il ruolo della ricerca scientifica nazionale contribuendo a far innalzare la percentuale di Pil destinata alla stessa.
Risale anche a questi anni una spedizione in Antartide alla quale lo stesso indomito Nino partecipa.
Diventa poi, sino all’ aprile 2007, Segretario del Comitato Regionale del P.d.C.I. del Friuli-Venezia Giulia oltre che responsabile nazionale del dipartimento università e ricerca scientifica.
Di quegli anni ricordo, con gratitudine, il prezioso ed insostituibile aiuto che fornì a me, consigliera regionale, nella gran parte del corso del mio mandato. Le sue competenze e la sua autorevolezza lo resero un interlocutore rispettato e seguito delle riunioni di maggioranza, nella formulazione delle proposte di legge, nei dibattiti sulla politica regionale in genere e nelle iniziative pubbliche che come Partito mettemmo in campo.
La sua presenza rassicuratrice rese meno faticoso il mio lavoro, in quell’occasione conobbi il lato profondamente umano ed altruista di Nino, che nel frattempo era stato eletto all’unanimità presidente del P.d.C.I. La sua grande famiglia occupava un posto importante e particolare nel suo cuore. Certo che il ruolo di Franca è stato fondamentale e determinante in questo senso, il risultato è stato il collante meraviglioso che lega e legato da sempre loro, genitori, con le loro figlie straordinarie, i generi e le nipoti. Questa grande famiglia ha saputo negli anni essere una comunità ospitale ed affettuosa per amici e compagni ad Aquileia e negli ultimi tempi a Trieste.
Negli ultimi anni i problemi di salute avevano limitato l’attività politica di Nino che comunque, ci tenne ad essere presente in momenti importanti: ricordo per tutti la sua presenza significativa a Bologna nel giugno di tre anni fa, quando dopo un lungo percorso, nel tentativo di riunire tutti i Comunisti, demmo avvio alla ricostituzione del Partito Comunista Italiano. Molti di noi ricordano il suo intervento lucido ed appassionato dal palco in una giornata torrida come quella odierna!
Grazie Nino per tutto quello che hai fatto per la nostra città e non solo e per come ti sia adoperato per tenere alti gli ideali che ci accomunano all’interno di una Sinistra alternativa e plurale. Noi, della Federazione triestina del PCI proviamo un forte sentimento di sconforto e rimpianto al pensiero che non ti avremo più come compagno di viaggio, in un percorso ancora lungo e pieno di sfide che al momento attuale i Comunisti devono sostenere.
Un forte e caloroso abbraccio alla tua meravigliosa famiglia!
Che la terra ti sia lieve, carissimo compagno, non dimenticheremo i tuoi insegnamenti. Da oggi i Comunisti triestini sono più poveri!
Bruna Zorzini
Gli interventi:
Il consigliere regionale Roberto Cosolini –già Sindaco di Trieste, che nel 2012 ha voluto conferire ad Antonino Cuffaro il Sigillo trecentesco del Comune. Il nostro compagno aveva appena compiuto ottant’anni, più di sessanta dei quali dedicati all’impegno politico e sociale. Il quell’occasione egli disse che Trieste avrebbe potuto essere la città delle utopie possibili!
Il compagno Mauro Alboresi –Segretario nazionale del Partito Comunista italiano, quel partito per la cui ricostituzione anche il compagno Cuffaro lavorò: intervenne personalmente con convinzione dal palco congressuale a Bologna nel giugno 2016.
L’on. Giorgio Rossetti – già parlamentare europeo del P.C.I.: al compagno Cuffaro – per una sorta di destini incrociati – come dice lui stesso, subentrò negli anni agli incarichi di segretario provinciale, capogruppo in Consiglio regionale, consigliere e segretario regionale da egli precedentemente ricoperti, restando nella sua scia.
Mauro Gialuz – Presidente dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione del Friuli Venezia Giulia, con una lunga militanza nella sinistra triestina con importanti esperienze professionali nel Sindacato e nel mondo del lavoro nel Porto di Trieste.
Prof. Sergio Paoletti– Presidente dell’Area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste. La sua presenza ci onora e premia gli sforzi ed il lavoro indefesso che l’on. Cuffaro ha svolto negli anni per lo sviluppo ed il potenziamento del ruolo delle istituzioni scientifiche cittadine!
On. Francesco Russo – già senatore, ora consigliere regionale del PD, avendolo conosciuto durante un dibattito sulla figura di Aldo Moro – insieme all’on. Corrado Belci – ha potuto apprezzare “il rispetto reciproco, la signorilità dei comportamenti e una profondità di pensiero che legavano i grandi vecchi della prima Repubblica, anche quando erano avversari, doti che oggi più che mai ci mancano”. Anche da ciò, la stima ed affetto che provava per Nino Cuffaro.
Prof .Claudio Magris– scrittore, saggista, accademico, già senatore di Trieste, uno dei massimi scrittori italiani contemporanei. Ultimo, ma non in ordine d’importanza. Queste qualità che gli appartengono e la sua autorevolezza concludono in maniera degna e particolare questa bella serie di testimonianze di stima ed affetto nei confronti della memoria del nostro compagno
Stojan Spetič al cimitero di Sant’Anna
Compagne, compagni.
Questo è il nostro ultimo saluto ad Antonino Cuffaro, compagno amatissimo e stimato, comunista battagliero e coerente, politico intelligente al servizio della sua gente, sia all’opposizione che al governo.
Tovarišice, tovariši,
naš je zadnji pozdrav Antoninu Cuffaru, spoštovanemu in ljubljenemu tovarišu, borbenemu in doslednemu komunistu, razsodnemu politiku, ki je služil svojemu ljudstvu tako v opoziciji, kakor na vladi, prijatelju za mnoge izmed nas, ljubljenemu možu, očetu in dedku.
Slovenci izgubimo z njim prijatelja in zaveznika, ki se je zavzemal za naše pravice in spoštoval našo enakopravnost, tudi z zelo konkretnimi dejanji. Zato smo mu iskreno hvaležni.
La commemorazione ufficiale è stata giustamente ospitata nel Comune di Trieste che l’ha visto debuttare in politica. Molti cittadini ed importanti esponenti della nostra società, amministratori, scienziati, uomini di cultura, persone che hanno condiviso le sue battaglie ed altri che le hanno avversato, hanno voluto testimoniare il grande rispetto che il comunista italiano Nino Cuffaro ha meritato a Trieste, nella Regione ed a livello nazionale. Di questa testimonianza noi, che siamo stati i suoi compagni di partito, vogliamo ringraziarli tutti.
Ora, nel momento del commiato, a chi vi parla si affollano nella mente e nel cuore tanti ricordi, anche personali.
Camminavamo in Carso conversando liberamente quando Nino mi disse che i muretti a secco di pietre bianche gli ricordavano la sua Sicilia. Ma non solo i muretti. Era nato a Sambuca di Sicilia, che però originariamente aveva un altro nome: Zabut. Il fascismo “italianizzò” anche quel paese cambiandogli il nome.
Mi parlò della sua isola, della sua storia, delle varie dominazioni e delle tracce che lasciarono. In arabo la barca da pesca si dice “cuf” e cuffari erano gli artigiani che le fabbricavano.
Il destino di Nino fu scritto già nel cognome. E nella figura del padre Domenico, sindacalista e fondatore del Pcd’I, coraggioso avversario della mafia.
Nino divenne ingegnere navale a Trieste dove si trasferì, ma non per lo studio, che avrebbe potuto andare anche altrove, ma perché conobbe una conterranea, una bella ragazza, che però viveva nella nostra città. Franca, il suo grande amore, fu la calamita che lo attirò nella nostra città dove si stabilì per formare la sua grande famiglia, dove lo raggiunsero anche i genitori.
Assunto nei Cantieri riuniti dell’ Alto adriatico, CRDA, avrebbe potuto fare una carriera più che brillante. Ma era un comunista, o come mi disse un giorno, un bolscevico, e stava con gli operai. Ha scioperato con loro e fu redarguito. Se avesse rinunciato alla sua attività politica, comportandosi da dirigente, avrebbe fatto carriera. Gli fu offerta una direzione in un’altra azienda della Lombardia, purché rinunciasse. E invece Nino rinunciò alla carriera e dovette cercarsi un lavoro per mantenere la famiglia. La direzione della Fincantieri proibì a tutte le aziende del gruppo di assumerlo e dovette accontentarsi dell’insegnamento, al Nautico e poi al Volta. Chi fu suo studente può testimoniare che fu bravo ed obbiettivo, anche nei suoi giudizi quando bocciò un giovane che aveva ben poca voglia di studiare ma, essendo giovane comunista, si aspettava complicità che non ebbe.
Venne eletto nel consiglio comunale di Trieste dove si distinse per la sua oratoria appassionata e puntuale. Ebbe i primi scontri polemici, specie coi fascisti. Difese le lotte operaie ed in particolare la cantieristica. Non solo il San Marco, ma anche la FMSA che venne svenduta alla Fiat prima ed alle multinazionali poi. Difese e sostenne i diritti della minoranza slovena discriminata.
La difesa del lavoro, dei suoi diritti, ma anche delle prospettive della città e della Regione furono la cifra della sua carriera istituzionale dal consiglio comunale a quello regionale ed infine al parlamento ed il governo.
Ricordo bene la campagna elettorale in cui venne eletto deputato per la prima volta. Quando lasciò il consiglio regionale per andare a Roma disse a noi giornalisti che lo intervistammo: “Devo pensare a quelli lassù.” Erano i friulani colpiti dal terribile terremoto del 6 maggio. Erano gli anni della maggior forza del PCI in cui si sperimentò nella nostra regione la solidarietà nazionale. La DC governava e dirigeva la ricostruzione, ma al PCI fu affidato il compito di vigilare e controllare che tutto andasse per il verso giusto, che non ci fossero né ritardi né ruberie. Esempio quasi irripetibile poi chiamato “modello Friuli”.
Nino venne eletto nel CC del PCI, collaborò con Berlinguer di cui godeva la stima, gli venne assegnato il dipartimento della ricerca scientifica.
Così si battè per fare di Trieste una città della scienza, dell’area di ricerca, del sincrotrone, del centro di fisica teorica, dell’Osservatorio geofisico sperimentale… Margherita Hack gli fu grande amica e collaborarono insieme a molti progetti.
Furono anche gli anni di Osimo, della definizione dei confini e della soluzione del contenzioso tra Italia e Jugoslavia. Nino si era già adoperato, per conto del PCI, per favorire il disgelo con i comunisti jugoslavi e sloveni. Aveva con loro un rapporto fraterno, ma anche autonomo, per cui poté favorire il superamento della proposta di una zona industriale sul Carso osteggiata dalla popolazione. Parlò di una zona di cooperazione economica ed industriale lungo tutto il confine. Idea che realizzammo nel ’91 con la legge sulla cooperazione nelle aree di confine.
All’atto della ratifica del trattato di Osimo propose una mozione in cui delineare i tratti di una legge di tutela della minoranza slovena. La scrisse assieme ai parlamentari dell’arco costituzionale e venne approvata a grande maggioranza. Fu il viatico per la legge sui diritti degli sloveni approvata un quarto di secolo dopo, nel 2001.
Dopo la caduta del muro di Berlino alla Bolognina Occhetto lanciò la sua proposta che, in sostanza, portò allo scioglimento del più grande ed originale partito comunista dell’Occidente.
Nino fu tra coloro che si ribellò. Non per nostalgie, ma perché credeva fermamente nella missione dei comunisti italiani e del loro partito che era nella sua originalità comunità di popolo, forza della scienza e della cultura, elemento importante della gestione della cosa pubblica.
Ci ritrovammo così nel Movimento per la rifondazione comunista.
Furono anni di duro lavoro per ricucire un tessuto lacerato e deluso. Nino per due volte mi volle in Sicilia per campagne elettorali difficilissime.
Ancor prima passammo a casa sua vicino a Sciacca qualche settimana di vacanza con tutta la famiglia. Nino insegnò a mio figlio la pesca subacquea, ci portò dai suoi a mangiare pesce spada. Ma ciò che mi rimase a lungo tra i ricordi fu che proibì ai pasticcieri saccensi di farsi pagare i cannoli che avevamo acquistato. Ospitalità regale.
Quando il segretario Garavini si dimise per gravi motivi di salute alla base del partito circolò la candidatura di Nino Cuffaro, elemento unitario e capace di gestire le varie anime della nuova organizzazione. Venne scelto Bertinotti e dopo pochi anni di massimalismo, al momento della sfiducia al governo dell’Ulivo, Cuffaro si trovò a fare un’altra scelta drammatica. Fondammo così il PdCI. Nino venne nominato sottosegretario alla ricerca scientifica nei governi D’Alema ed Amato, dove lavorò per realizzare alcune delle proposte scaturite già nel PCI.
Ci raccontò del suo viaggio in America, alla NASA, dove si discusse della cooperazione in campo spaziale. Gli chiesero quando l’Italia avrebbe pagato la quota prevista di finanziamenti al progetto spaziale e Cuffaro rispose candido: “Appena farete volare un astronauta italiano.” Ben presto imbarcarono Umberto Guidoni, che in seguito venne eletto parlamentare europeo sulla nostra lista.
Nino fu per lunghi anni presidente del PdCI, poi tornò a Trieste. Tre anni fa partecipò, già minato nella salute, al congresso di rifondazione del PCI, tenutosi a Bologna. Parlò tra gli applausi dei delegati con la sua tipica oratoria travolgente.
C’è un episodio che testimonia il grande rispetto che circondava Nino. Eravamo a Basovizza a raccogliere le firme per la lista del nostro partito. All’improvviso, tra lo stupore generale, si avvicina al banchetto Sergio Coloni, storico dirigente democristiano che fu assieme a Nino in comune, regione ed in parlamento. Firmò per la lista dicendo: “Non vi voto, ma voglio che vi presentiate. Ditelo a Nino.” Ne fu molto lusingato.
A Trieste aveva gli amici, i compagni di una vita, la sua grande famiglia, formata da figlie, generi, nipoti. Un clan legato dall’amore e dallo spirito di mutualismo reciproco.
A loro, a Franca, alle figlie Virginia, Giuliana, Rossana ed Ariella, alle nipoti tutte, agli altri parenti, vada il cordoglio e l’abbraccio di noi tutti, compagne, compagni ed amici.
I comunisti inchinano le loro bandiere per salutare il loro amato presidente. Nino, resterai nei nostri cuori e nel ricordo di tanti.