MEMORIE DI UNA SESSANTOTTINA NON PENTITA.

Che cos’è stato il ’68 e che cos’è ancora per alcuni di noi che sono stati protagonisti delle lotte di quel periodo? Nel corso di quest’anno, in occasione del cinquantenario, molte trasmissioni televisive e pubblicazioni ci hanno riportato immagini e testimonianze dell’epoca e abbiamo potuto sentire molte opinioni sull’argomento. Anche fra quelli che lo hanno vissuto , alcuni ne parlano con nostalgia, altri lo denigrano. Due posizioni estremamente facili. 
Io credo che stia a quelli che come me, ne siamo stati i protagonisti, a parlare senza retorica di quel periodo straordinario.
 Per quel che mi riguarda, posso dire con certezza come le esperienze fatte allora siano state determinanti per la formazione di una coscienza politica che mi ha portato a fare le scelte che hanno segnato poi la mia vita.
Per me – nata in un quartiere operaio in  una famiglia di modeste condizioni economiche- rappresentava già un conquista aver potuto accedere agli studi universitari, grazie all’esonero dalle tasse ed il presalario che mi era stato concesso per merito. Il mio  vivere quotidiano era comunque una strada tutta in salita ed anche per questa ragione, i temi affrontati nelle discussioni politiche che si succedevano nelle assemblee dell’epoca non mi erano nuove, nuova era però la consapevolezza di poter contare, se insieme ad altri si lottava per ottenere un diritto.
E’ passato mezzo secolo, cosa è restato del ’68? Nella nostra realtà,  intanto noi – “quelli/e del ’68”  del Friuli Venezia Giulia-che hanno deciso di ritrovarsi, di parlarne, di raccogliere testimonianze e documenti per poter ricostruire i momenti della nostra lotta.
Nella scorsa primavera abbiamo allestito due mostre, a Trieste ed a Udine. Con ciò non abbiamo voluto fare testimonianza,  ma piuttosto, dopo un momento di riflessione collettiva, cogliere  quest’occasione unica per trasmettere, senza presunzione, ai giovani d’oggi – studenti dal futuro incerto e lavoratori precari – la voglia di reagire nella consapevolezza che solo organizzandosi , dibattendo dei propri problemi ed individuando insieme gli obiettivi e gli strumenti di lotta si può uscire dal tunnel dell’individualismo  e dal pessimismo cosmico che ci fa dire che l’ordine delle cose non può essere cambiato!
Certo la realtà che ci circonda è profondamente diversa rispetto cinquant’anni fa : il “padron delle Ferriere” non esiste più, ci troviamo di fronte alle multinazionali che delocalizzano e sfruttano. Chi ti impone uno stato di precarietà che ti ruba il futuro non ha una volto definito, le lauree brevi o quinquennali non ti offrono sbocchi lavorativi sicuri, ti trovi in presenza di guerre e terrorismo. Nel mentre ti dicono che l’immigrato che scappa dalle terre terre che l’occidente ha depredato diventa il tuo nemico! Il revisionismo storico e l’antipolitica  hanno portato a considerare positivamente il “nuovo”, che  di questi tempi, avanza, senza capire che gli atti e le parole d’ordine che diffonde ci riportano ai periodi bui degli anni ’30 del Ventesimo secolo.
Per questo, penso che proprio ora bisognerebbe ribellarsi e impegnarsi in prima persona, nel mentre ti dicono che non serve lottare, che la politica è una cosa sporca o che destra e sinistra sono categorie sorpassate! 
La nostra generazione lo ha fatto, da Berkley a Parigi, in Germania, in Italia mentre infuriava la guerra in Vietnam, la dittatura dei colonnelli opprimeva la Grecia, le trame nere e le stragi di stato volevano destabilizzare la democrazia nel nostro paese! Le lotte del Movimento studentesco hanno cambiato l’impostazione delle politiche scolastiche, le lotte operaie e del Movimento femminile hanno reso possibile grandi conquiste come quelle dello Statuto dei diritti dei lavoratori e delle Leggi sul divorzio e aborto. Gli Stati Uniti uscirono sconfitti dalla guerra del Vietnam. 
Certo quel mondo è cambiato, non esiste più il P.C.I – il Partito a cui mi sono iscritta nel 1970 –  tangentopoli ha segnato profondamente il quadro politico italiano , non esiste più il mondo diviso in blocchi, ma la politica statunitense è sempre aggressiva, il capitale finanziario determina la politica dell’Occidente.  Da noi, tante delle conquiste del movimento operaio sono state svilite o cancellate, la violenza alle donne è un tema all’ordine del giorno, la società e malata! Ci sarebbero tutti i presupposti per reagire,e chi, se non le giovani generazioni  dovrebbero farlo per poter riprendere il futuro nelle loro mani. E’ questo il messaggio migliore che dovremmo mandare!
Per quel che ci riguarda, io non mi sento sconfitta se la ruota della storia ha girato nel senso opposto a cui aveva spirato il vento del ’68, anzi questa è una ragione in più per reagire!
Ed ancora : di noi sessantottini/e si parla già male quando si ironizza sulle scelte di vita diametralmente opposte con le idee giovanili che qualcuno  ha compiuto. Per quel che mi riguarda, pur non avendo mai tradito gli ideali della mia gioventù, vedo le cose in maniera molto “laica”: eravamo diversi anche allora – anche se certi principi ci accomunavano -da protagonisti vincenti di quel periodo, extraparlamentari e militanti comunisti e socialisti  e anarchici sapevamo trovare una sintesi comune nelle assemblee e nei Comitati di lotta! Succedeva anche che gli entusiasmi giovanili facessero si che tanti  – anche figli di famiglie agiate –  si collocassero fra le frange più estreme del Movimento. Se  soprattutto tanti di questi nel tempo hanno cambiato idea ciò non può e non deve influenzare il nostro giudizio generale sul un periodo che ha segnato un’epoca!
 
Bruna Zorzini – componente segreteria provinciale del Pci di Trieste