
Il dato lo rilascia il 7 aprile il Presidente della Federazione degli ordini dei medici italiani. 96 medici e 26 infermieri sono morti durante lo svolgimento del loro lavoro di assistenza e cura dei malati di coronavirus, principalmente perché mancano gli strumenti di protezione individuale necessari a proteggere chi è a contatto con i malati; mascherine facciali e guanti, indumenti protettivi, sostanze disinfettanti, locali per il cambio di abiti e attrezzature. I sanitari contagiati ma non morti sono 12.000 (dodicimila).
Non sono morti di coronavirus. Sono morti sul lavoro.
L’informazione di regime, (è ora di definirla per quello che è) nasconde accuratamente questo elemento della situazione. Per i comunisti deve essere un punto fermo sconfiggere la pandemia di complicità con gli interessi confidustriali e del capitalismo in generale che affligge tutta l’informazione italiana.
Viene dato molto spazio ai più diversi “esperti” e alla polemica contro la propalazione di notizie false, soprattutto tramite i programmi “social” di pubblicazione degli interventi di persone singole nella rete informatica.
Si fanno dettagliati confronti sui numeri dei deceduti, dei contagiati, dei degenti in rianimazione, dei dimessi dagli ospedali. Si illustrano i vari tentativi di trovare cure per l’infezione.
I lavoratori della sanità e degli altri servizi per la protezione dei cittadini, come i Vigili del fuoco, vengono associati ad aggettivi eticamente positivi, “angeli”, “infaticabili”, “stremati ma sempre all’opera”.
Ma non “morti sul lavoro”.
I tagli nel comparto della sanità, che hanno visto operare con uguale protervia tutti gli schieramenti governativi succedutisi negli ultimi decenni, sono alla base di queste morti sul lavoro, così come del disastroso risultato nelle cure dei cittadini colpiti dall’infezione. Come anche delle dichiarazioni da regime nazifascista, non solo italiane, sulle scelte di abbandonare a sé stessi i malati anziani.
L’epicentro italiano di questo disastro è la Lombardia, dove con le giunte regionali prima cielline, poi leghiste, si è passati dalla “Milano da bere” alla “Milano da bare” dove, come risulta anche dalla documentazione presente nell’ultimo supplemento del Fatto Quotidiano, esiste un’eccellenza sanitaria indiscussa: la corruzione nel settore.
Spetta ai comunisti affrontare il lavoro da fare, che è enorme. Servono più militanti, che facciano più studi e organizzino più iniziative.
Compagne e compagni, al lavoro e alla lotta!
Il segretario della Federazione di Trieste del PCI-KPI
Paolo Iacchia