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Gli avvenimenti succedutisi nella giornata di lunedì 18 ottobre a Trieste, impongono alle comuniste ed ai comunisti una analisi approfondita e severa dello stato di cose presente oggi, in città e in tutta Italia, attuando una revisione assolutamente necessaria dei parametri sui quali si è fondato l’uso degli strumenti di analisi e progettualità, utilizzati per costruire un progetto di città vivibile, socialmente ed economicamente, contro la realtà di una “Trieste del botegher” tetanizzata dal Dipiazza non-pensiero.
Dal risultato del ballottaggio per la carica di sindaco risulta evidente che il notevole recupero di voti dal candidato del PD, originato anche dall’emozione provocata dall’assalto fascista alla sede nazionale della CGIL, graziosamente sostenuto dalle direttive date dal governo Draghi alle forze di polizia, non è stato sufficiente, anche se per poco, a soppiantare il decadente sindaco rientrante.
Un punto iniziale, ineludibile, dell’analisi da condurre deve partire dal giudizio e dalla risposta conseguente da dare del comportamento di numerosi individui, anche ricoprenti cariche significative politiche e sindacali, comunque di peso nell’organizzazione delle scelte politiche dello schieramento complessivo delle forze che si richiamano alla difesa della democrazia costituzionale, i quali, come si evidenzia anche dalla sola lettura di quanto scritto negli spazi di comunicazione sociale via Internet, si pongono in contrasto, con un misto di altezzosità derivante da un consistente reddito e di irrisione sostenuta da un certo patrimonio culturale, con il sentire e l’agire di gruppi e singoli, più e meno giovani, resisi disponibili all’impegno di cambiare lo stato di cose presente, alcuni dei quali a Trieste hanno ottenuto un risultato elettorale assai significativo, diventando un punto di riferimento per quanti non vogliano abbandonare la lotta per la ricostruzione del tessuto di diritti su cui si basa il progresso economico e sociale delle relazioni umane: pace, lavoro, sanità, istruzione, casa, trasporti e attività produttive non dannose per la salute ambientale e umana, contro la desolazione di un impoverimento crescente dei lavoratori e dei cittadini dei ceti più deboli e sfruttati.
In mancanza di un serio disegno di ricostruzione democratica, al quale i comunisti sono sempre disposti a fornire il loro lavoro, continueranno a verificarsi nascite di movimenti dal profilo confuso, privi di esperienza nell’individuazione del problema e dell’avversario reali, che diventano soggetti perfetti per manovre di infiltrazione, di confusione ideologica, di copertura delle contraddizioni reali del sistema capitalistico, di consumo rapido del potenziale di consenso soprattutto giovanile che suscitano.
Questo è quanto sta accadendo a partire dall’iniziativa sviluppata nei giorni scorsi dal Coordinamento dei lavoratori del porto di Trieste, trasformatosi in punto di eccellenza di un progetto che, a giudicare dai messaggi che circolano, ha già una sua rete di contatti e di iniziative di mobilitazione.
Partendo da un rifiuto totale dei comportamenti apertamente violenti e prevaricatori, che affiorano in singole situazioni, la Federazione di Trieste del Partito Comunista Italiano ritiene che con i partecipanti convinti a questi movimenti democratici di base, sia utile e necessario il dialogo. Le aspirazioni democratiche, per quanto ingenue ed elementari, non si trattano con idranti e manganelli.
Trieste 19 Ottobre 2021
Federazione di Trieste del Partito Comunista Italiano PCI-KPI