Quale storia si fa a Trieste?

Non ci posso credere! E’ Enrico Mentana, giornalista normalmente scevro da retoriche e nazionalismi, che nel sommario del suo TG sulla 7 annuncia con tono solenne che a Trieste si fa la Storia: i Presidenti della Repubblica Italiana e Slovena rendono omaggio alla foiba di Basovizza dove i partigiani titini hanno infoibato migliaia di italiani colpevoli solo di essere italiani. Dunque siamo ancora e sempre a questo punto. All’intero paese si ammannisce ancora e sempre la stessa storia. In prima pagina de La Repubblica del 14 luglio campeggia una vignetta che reca la didascalia: “Mano nella mano 75 anni dopo contro il male della Storia”. La vignetta disegna il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella e il Presidente della Repubblica Slovena Borut Pahor che si tengono per mano. Le braccia unite reggono un’altalena su cui si dondola un’infantile Europa. All’interno del quotidiano c’è la foto dell’avvenimento e il giornalista Filippo Ceccarelli, unico fra tanti, ha la stessa impressione che ha colpito me. I due Presidenti, ripresi di spalle, sembrano due scolaretti, un’immagine che subito ho definito “disneyana”. E dunque fatalmente ipocrita? Certo è che a Basovizza non si fa Storia ma si fa Politica. L’occasione è la “restituzione” dell’edificio del Narodni dom alla comunità slovena triestina. Restituzione già preventivata nella legge di tutela della minoranza slovena del 2001 all’ art.19. Nel Palazzo del Governo in Piazza Unità, dove sui pennoni sventolano la bandiera tricolore e quella rossoalabardata che non sono state innalzate il 25 aprile, festa nazionale  della Liberazione, si firma un protocollo che rimette in moto un iter disatteso per 16 anni, con la prospettiva che trascorrano almeno altri 10 anni, bene che vada, tra pratiche burocratiche, ristrutturazioni e ricerca di una nuova sede per la Scuola per Interpreti e Traduttori che adesso lo occupa, prima che gli Sloveni di Trieste possano fisicamente riprendere possesso dell’intero edificio. Attorno a questo avvenimento i giochi della politica che, detto senza peli sulla lingua, stanno sotto il patrocinio della delibera UE che equipara nella stessa ignominia il fascismo e il comunismo, costruiscono un castello di carta: il Presidente italiano e il Presidente sloveno rendono omaggio alla foiba di Basovizza e al monumento che a circa un chilometro in linea d’aria ricorda i quattro antifascisti condannati a morte dal Tribunale Speciale nel 1930. In nome della pace, del superamento degli odi di parte, di una memoria condivisa, dei morti che sono tutti uguali, del futuro delle nuove generazioni, della fratellanza europea, bla…bla…bla…bla.

Ma, c’è un ma.

Mattarella e Pahor, per manina davanti al monumento agli antifascisti, rendono omaggio a qualcosa di concreto, 4 persone fucilate, nomi e cognomi, Ferdo Bidovec, Fran Marušič, Alojz Valenčič e Zvonimir Miloš.Mattarella e Pahor, per manina davanti alla foiba che non è una foiba ma un pozzo minerario, rendono omaggio a un simulacro. Forse che Mattarella e Pahor non sanno che non esiste prova che nel pozzo giacciano i supposti 2000/3000 cadaveri di italiani colpevoli solo di essere italiani? Lo sanno. Forse che Mattarella e Pahor non sanno che ogni anno, il 10 febbraio, giorno del ricordo, si svolge alla pseudo foiba di Basovizza una manifestazione in cui sventolano il tricolore con l’aquila della RSI, i gagliardetti delle Brigate Nere e dei Battaglioni Mussolini, i labari della XMAS, i gonfaloni dei sedicenti governi delle città istriane e dalmate in esilio, di Fiume, degli esuli che si ritengono traditi dall’Italia ma fanno sfoggio di patriottismo? Lo sanno. Forse che il Presidente Pahor non sa che così facendo avvalla definitivamente la storia dei partigiani titini feroci e barbari infoibatori degli italiani brava gente, cosa di cui il buon Mattarella è già convinto di suo? Lo sa, lo sa. Lo sa che manca di rispetto alla storia stessa del suo paese. Che poi tutto questo ottenga a Trieste il risultato contrario, cioè quello di rinfocolare odi, contrasti e polemiche, pare in non cale per tutti. La Comunità slovena è appagata dal fatto che le venga riconosciuto il torto subito, che il Narodni dom le venga restituito, che il suo apporto culturale venga riconosciuto nella figura dello scrittore triestino Boris Pahor (così sconosciuto in Italia che alcuni commentatori televisivi pronunciano il suo nome Paòr), ultracentenario superstite del lager nazisti, il quale, giustamente emozionato, dedica le massime onorificenze italiana e slovena alle vittime del fascismo e del comunismo, ma poi a parte (almeno così leggo) dice che gli infoibamenti di italiani nel pozzo di Basovizza sono una balla. E gli sloveni del Carso? Così orgogliosi del loro contributo alla lotta di liberazione dal nazifascismo? Sono stati resi acquiescenti dal riconoscimento concesso ai “4  Eroi di Basovizza” (condannati come terroristi e mai ufficialmente riabilitati come combattenti antifascisti dalla Repubblica Italiana)? Non lo credo, credo anzi che fremano di sdegno, chiusi nel silenzio di sempre che risuona come uno schiaffo inferto in faccia a chi denigra la Resistenza. E la Verità? Cos’è la Verità? Mi pare se lo sia già chiesto Ponzio Pilato. Nel mio piccolo, credo che nessuna pace storica sarà possibile qui da noi se non si appurerà che cosa effettivamente si celi nel pozzo di Basovizza.Come italiano voglio sapere con certezza, ho il diritto di sapere con certezza, se nel pozzo ci sono resti di esseri umani (lasciamo perdere se colpevoli solo di essere italiani oppure colpevoli anche di essere fascisti, collaborazionisti, spie e delatori). Accertarsene non può essere difficile con i mezzi che oggi sono a disposizione, basta volere. Ma non si vuole. Io sono pronto a rispettare quelle vittime ma esigo la prova che ci siano e che quel pozzo non è un simulacro innalzato a proprio uso e consumo dal nazionalismo e dal neofascismo, di fronte al quale Mattarella e Pahor e tutte le autorità che seguiranno, rischiano di essere sepolcri imbiancati e convitati di pietra.

Leandro Lucchetti