Riflessioni controcorrente al “Tempo del Corona-Virus”

Parafrasando un recente film questo periodo potremmo chiamarlo anche “La Grande Paura”! Trovo che questo sia il sentimento dominante di questi tempi, ed è una paura che effettivamente, come un boa constrictor ci attanaglia dai visceri agli arti paralizzandoci completamente. Peccato che chi sta dimostrando più paura in assoluto siano quelli in una circostanza così grave debbano guidarci indicando una strada, un guado, per farci evitare i gorghi.
Tutti dicono che con questa epidemia dovremo convivere a lungo e che dovremo mantenere in atto tutta una serie di comportamenti tali da minimizzare gli effetti di un contagio di ritorno perché chi potrebbe essere riuscito a superare questa fase con le difese immunitarie abbassate non è detto riesca a superare una nuova recrudescenza.
Questo governo e tutti gli altri organismi di gestione e cogestione dello Stato hanno dimostrato soltanto di avere paura di centinaia di migliaia di morti, paura che qualcuno potesse, o forse ancora possa, chiederne a loro il conto. Io apparterrò come mentalità allo scorso secolo, un secolo di fame, guerra, carestie ed epidemie, tutte tragedie che hanno voluto il loro tributo di sangue e lacrime, tuttavia come razza umana ne siamo sempre usciti. Adesso invece non vogliamo pagare questo dazio: la parola d’ordine è prima di tutto “SOPRAVVIVERE” con il corollario “tutto tornerà come prima”. Ecco forse appartenendo all’opposizione, a questo governo, a questa Europa e a questo ordine mondiale, queste sono le parole che probabilmente mi danno più fastidio. Nessuno ha cercato la possibilità di una strada diversa, in primis il sindacato, non si tratta di barattare la salute dei lavoratori con semplici aumenti stipendiali, ma di mettere le basi per una nuova organizzazione in cui ai lavoratori stessi sia riconosciuta la centralità e nella loro professionalizzazione la chiave del successo dell’azienda. Non la volontà di iniziare qualcosa di nuovo dopo aver dato una svolta al sistema attuale, ma risvegliarsi una mattina e ricominciare come se questo fosse stato un incubo da lasciare alla notte trascorsa con una scrollata di spalle. E soprattutto senza minimamente avere una prospettiva diversa dal mantenimento dello status quo ante! (scusate: tutto DEVE rimanere come prima).
Chiaramente queste sono indicazioni per un modello di sviluppo in senso “socialdemocratico” o addirittura “socialista”. Per fortuna e molto timidamente c’è stato anche qualche economista che parlava di una reintroduzione di un modello di sviluppo di tipo keynesiano, cosa che mi troverebbe assolutamente d’accordo, anche se pavento la mancanza di una visione strategica, non basterà certo una “Golden power” in qualche nuovo settore “strategico”, come quello delle attrezzature sanitarie o elettromedicali, ma bisognerebbe essere capaci di ripensare tutto il nostro sviluppo economico, soprattutto prendendo per data l’inveterata ignavia della classe imprenditoriale italiana.
Sempre a proposito del lavoro e di come questo non sia più un valore e sinonimo di dignità della persona, basta vedere la gestione dell’emergenza in regioni come la Campania, o la Sicilia. In quest’ultima si è paventato che le organizzazioni mafiose potessero addirittura far inscenare proteste di piazza con assalto a supermercati (presumo non di amici degli amici), d’altro canto una informazione “tempestiva”, ne parlavano tutti i giornali nei primi giorni di “zona rossa” estesa a tutta la penisola, ha reso vana questa mossa, le forze dell’ordine erano impegnate a far rispettare i divieti di spostamento, e non ostante questo, hanno fatto diversi arresti di ricercati che violavano il decreto (la latitanza di lungo periodo dà l’immunità a qualunque norma). In Campania invece la preoccupazione del Presidente della regione era per i lavoratori marginali che non sono spariti per opera della bacchetta magica del “reddito di cittadinanza” del paesano Di Maio.
Per quanto riguarda le mascherine, che chiaramente dovremo abituarci ad indossare, mi auguro migliori di quelle attualmente in distribuzione, vorrei ricordare che presso alcune culture dell’ estremo oriente la pratica di indossare mascherine a protezione di naso e bocca è sempre stata diffusa. Ricordo a metà anni ’70 a Roma si vedevano regolarmente turisti “giapponesi” indossanti queste protezioni. Tutti pensavano fosse per via dello smog. Lessi poi ,iniziando ad interessarmi ad usi e costumi nel mondo, di questa pratica anche religiosa: infatti recandosi al tempio coprirsi naso e bocca è un gesto di rispetto nei confronti del dio. Volendo un lato positivo si può pensare che l’uso di questi dispositivi serva a diminuire l’impatto dei “raffreddori estivi da centro commerciale” vista la nociva aria condizionata.
Ci siamo messi nelle mani degli scienziati, e assolutamente riconosco la loro capacità e professionalità, tuttavia questi hanno una visione della società in cui le persone conducono una vita sana e nello stesso tempo “sicura”. Mi spiego meglio: puoi fare attività sportiva dopo esserti assicurato “clinicamente” sulla quantità di sforzo che puoi sopportare, e per questo devi seguire una determinata dieta che apporti i nutrienti di cui hai bisogno, devi evitare gli eccessi e quei comportamenti che in qualche modo possono ledere la tua salute, come fumo, alcool, droghe, ma anche la musica ascoltata ad alto volume, perché potresti avere delle lesioni all’orecchio interno che a lungo potrebbero portarti ad una diminuzione delle capacità uditive.
Di fatto dopo questo ci si prospetta una “medicalizzazione” della società per il nostro bene per lo meno nel medio periodo, la minaccia di una recrudescenza arriva probabilmente fino a luglio e vorrei vedere se il prossimo sarà un inverno freddo. Alla fine si potrebbero avere molti sostenitori del fatto che io debba accettare cure preventive, e vari tipi di screening per evitare di incidere su un sistema sanitario sempre al limite. Parzialmente e in modo molto leggero avviene già adesso, dopo staremo a vedere. Non si tratterà di vaccinazioni, che realmente immunizzano, ma di abitudini sociali, ti devi comportare “così”. Perché con un diverso comportamento non solo metto a repentaglio la mia salute ma eventualmente anche quella degli altri. E volendo estremizzare, il mio comportamento avventato necessitandomi successivamente di lunghe cure o addirittura di un assistenza prolungata, porrebbe a rischio la possibilità di beneficiare dello stesso trattamento altre persone. Secondo me in questo modo si pone una limitazione della mia libertà …di rischiare, come quella di praticare l’alpinismo?
TullioSanti